La nuova legge di bilancio introduce una modifica che viene presentata come un miglioramento nei tempi di pagamento di Tfs e Tfr, ma che nei fatti rappresenta l’ennesima penalizzazione per chi lavora nel pubblico impiego. A denunciarlo sono Cgil, Fp Cgil, Flc Cgil e Spi Cgil, che parlano di un intervento di facciata destinato non solo a non risolvere il problema, ma addirittura a sottrarre risorse alle lavoratrici e ai lavoratori.
Il cuore della questione è nell’articolo 44 della manovra. La misura anticipa di tre mesi il pagamento del Tfs/Tfr, ma solo per i pensionamenti di vecchiaia, lasciando invariati i lunghissimi tempi di erogazione per tutte le altre tipologie di pensionamento, che possono arrivare fino a sette anni. Una scelta che ignora apertamente il monito della Corte Costituzionale, che nel 2023 aveva chiesto al legislatore di eliminare la disparità irragionevole tra pubblico e privato, assicurando tempi certi e uniformi.
La FP CGIL Emilia-Romagna sottolinea come il provvedimento non solo non elimini la discriminazione, ma anzi la aggravi. Infatti, l’anticipo dei tre mesi ha come conseguenza automatica la cancellazione della detassazione prevista fino a 50.000 euro per i pagamenti effettuati almeno dodici mesi dopo la cessazione dal servizio. Con il nuovo meccanismo, questa soglia non si raggiunge più, e ogni lavoratrice e lavoratore perde circa 750 euro. Applicato ai 30.122 pensionamenti di vecchiaia previsti, il risultato è un risparmio per lo Stato – e una perdita per i lavoratori – di 22,6 milioni di euro.
Questa sottrazione si aggiunge a una perdita già pesantissima del potere d’acquisto delle liquidazioni, che negli anni recenti ha registrato un deterioramento impressionante: tra 17.000 e 41.000 euro a seconda del livello retributivo, a causa dell’inflazione e del mancato rendimento. Per chi percepisce una liquidazione di 30.000 euro la perdita stimata è di quasi 18.000 euro; salgono a oltre 25.000 euro per chi arriva a 40.000, superano i 41.000 euro per una liquidazione da 60.000.
Si tratta dell’ennesimo tassello di una strategia più ampia che svaluta il lavoro pubblico: nessun finanziamento adeguato per i rinnovi contrattuali, nessuna misura per valorizzare chi ogni giorno garantisce servizi essenziali e continuità amministrativa. I Ccnl 2022/2024, non sottoscritti da Fp Cgil e Flc Cgil, hanno già determinato una perdita media salariale superiore al 10%.
Sul fronte previdenziale, la propaganda sul presunto superamento della legge Monti-Fornero si scontra con una realtà opposta: flessibilità in uscita azzerata, requisiti che aumentano, pensioni sempre più distanti e sempre più povere. A questo si aggiungono tagli retroattivi alle aliquote di rendimento per chi ha contributi prima del 1995 nelle gestioni Cpdel, Cps, Cpi e Cpug.
Per queste ragioni, la FP CGIL Emilia-Romagna ribadisce la propria opposizione a quello che definisce un vero e proprio sequestro del Tfs/Tfr, anche attraverso azioni giudiziarie, e chiede un cambiamento strutturale: rispetto, diritti e risorse per chi tiene in piedi ogni giorno il Paese, a partire dagli stanziamenti necessari ai Ccnl 2025/2027.
Il prossimo 12 dicembre, le lavoratrici e i lavoratori pubblici sciopereranno per affermare che il lavoro non è un costo da comprimere, ma un valore da tutelare; per rivendicare pensioni giuste, tempi di pagamento del Tfs/Tfr finalmente allineati al settore privato e investimenti contrattuali adeguati. Una battaglia per la dignità, l’equità e il futuro del lavoro pubblico.
