Il confronto tra governo e sindacati sulla previdenza si è chiuso con un nulla di fatto. Nessuna riforma della legge Fornero, nessuna misura concreta per garantire pensioni dignitose. Ancora una volta, chi lavora dovrà restare al lavoro più a lungo e con assegni sempre più bassi.
Nessuna riforma, solo promesse
Durante l’incontro del 10 gennaio con i sindacati di categoria, il tema previdenziale è stato completamente ignorato. Nonostante le promesse di superamento della legge Fornero, l’esecutivo non ha affrontato il nodo delle pensioni, né ha fornito risposte sull’aumento dei requisiti di età previsto dal 2027: 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia, che saliranno a 67 anni e 5 mesi nel 2029.
Per la pensione anticipata, invece, serviranno oltre 43 anni di contributi. “Altro che quota 41 per tutti”, commenta amaramente la Cgil: l’obiettivo della pensione si allontana sempre di più.
Si esce più tardi e con assegni più bassi
“Si va in pensione più tardi e con assegni sempre più bassi”, spiega Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil. Le misure temporanee come Opzione Donna sono state di fatto cancellate, mentre l’aumento dell’importo soglia per l’uscita a 64 anni esclude la maggior parte dei lavoratori.
La flessibilità promessa dal governo resta sulla carta, e l’idea di “comprare” la pensione anticipata con il Tfr appare un paradosso: per colmare appena 500 euro di differenza servirebbero oltre 128 mila euro accantonati.
Pensioni future sempre più povere
Dal 2025 la situazione peggiora ulteriormente. I nuovi coefficienti di trasformazione tagliano gli assegni pensionistici per tutti i futuri pensionati. Chi guadagna circa 30 mila euro lordi all’anno rischia di perdere fino a 12.500 euro complessivi se non verranno introdotti correttivi.
Più del 70% delle pensioni oggi è calcolato con il sistema contributivo, il che significa assegni sempre più bassi per le generazioni più giovani e per chi ha carriere discontinue.
Nessuna prospettiva di riforma
Il governo tace anche sulle misure in scadenza: Ape Sociale, Quota 103 e Opzione Donna. Tutti strumenti limitati, che interessano appena 20 mila persone e non cambiano la sostanza: per il 99% delle lavoratrici e dei lavoratori continua a valere la legge Fornero.
Nel Documento di programmazione economico-finanziaria non si trova alcun piano di riforma previdenziale strutturale. Anche il tavolo tecnico con le parti sociali è fermo dal 2023, segno della mancanza di volontà politica.
La proposta della Cgil: giustizia e garanzie
“Questo governo continua a ignorare la realtà sociale del Paese, fatta di salari bassi e precarietà diffusa”, afferma Ghiglione. La Cgil propone una pensione contributiva di garanzia per giovani e lavoratori discontinui, una vera flessibilità in uscita che riconosca i lavori gravosi e il lavoro di cura, e il blocco dell’automatismo legato all’aspettativa di vita.
Al tempo stesso serve una rivalutazione piena delle pensioni in essere, per difendere il potere d’acquisto di chi ha già lavorato una vita.
“È tempo di rimettere la giustizia sociale al centro delle politiche del Paese”, conclude Ghiglione. “Basta slogan: il sistema previdenziale deve garantire dignità e sicurezza a chi lavora, non fare cassa sulla pelle dei pensionati e delle nuove generazioni.”