CCNL del Pubblico Impiego: Mancano le risorse adeguate!
Sta accadendo una cosa “curiosa” negli ultimi giorni. Una parte della stampa nazionale – a cui in verità non è mai interessato granché dei dipendenti pubblici – ha pubblicato una serie di articoli tesi a sostenere la firma, a breve, dei vari contratti collettivi nazionali del pubblico impiego 2022/2024, lasciando intendere che l’aumento sarà attorno ai 150/160 €.
Ma le cose stanno veramente così?
La risposta, come si può immaginare, è negativa. Proviamo a capire perché.
Il Governo nella Legge di bilancio ha stanziato una cifra pari all’aumento del 5,78%.
Prima considerazione. Ovviamente si tratta di una media. Ci sono tanti contratti, tanti comparti e tante professionalità: dai magistrati agli infermieri, dalle educatrici agli impiegati, dai militari all’estero, ai medici, dai vigili del fuoco alla polizia penitenziaria…
Quindi i 150 € previsti sono la classica media del pollo.
Seconda considerazione. L’inflazione nel periodo considerato è stata molto più alta, ha viaggiato ben oltre le due cifre perciò, quel 5,78% non si avvicina nemmeno a coprire quanto perso, come potere d’acquisto, dalle retribuzioni.
Ma continuiamo con altre considerazioni.
In quella cifra sono comprese anche l’indennità di vacanza contrattuale (ivc, quella piccola cifra che troviamo in busta paga da aprile 2022), nonché l’anticipo contrattuale, deciso unilateralmente dal Governo, che qualche amministrazione ha erogato lo scorso dicembre (causando anche un danno dal punto di vista fiscale e contributivo) ed altre stanno invece erogando mese per mese nel 2024.
E’ quindi facile capire come le risorse a disposizione siano poche.
Con quel poco bisognerebbe almeno completare la riqualificazione del personale, avviata con gli ultimi CCNL, rafforzare il sistema delle indennità, valorizzare professioni e peculiarità lavorative.
Quanto è rimasto da erogare? Poco, forse nulla.
A questo punto diamo anche uno sguardo alla direttiva del Governo sui rinnovi contrattuali, il cosiddetto atto di indirizzo.
La volontà che emerge è quella di togliere materie dalla contrattazione e aumentare il peso della valutazione.
Perciò, maggiore discrezionalità, meno trasparenza, meno coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori nelle scelte, forte perdita del potere di acquisto.
Inoltre, rimane il tetto al fondo del salario accessorio (cioè alla loro produttività) quindi, le amministrazioni che vorrebbero investire risorse sui propri dipendenti, sul proprio capitale umano, non potranno farlo.
Per non parlare dell’assoluta assenza di un piano straordinario di assunzioni di cui la pubblica amministrazione ha assolutamente bisogno.
In sintesi? Oltre ad un rispetto maggiore di chi ancora crede nella pubblica amministrazione e vi lavora, servono ulteriori risorse.
Non ci sono? Beh, per una tassazione iniqua che favorisce alcune categorie ci sono. Per i condoni ci sono. Per la “rottamazione” delle cartelle fiscali ci sono. Per regalare concessioni balneari ci sono…
Noi i contratti li vogliamo firmare, sia chiaro! Ma contratti equi, dignitosi.
Non un’elemosina, né un ricatto.
Risorse insufficienti per gli statali, siamo pronti alla mobilitazione
“La sensibilità del governo nei confronti del lavoro pubblico ce la indica chiaramente l’Istat: a fronte di una crescita del costo della vita registrata nel triennio 22/24 di oltre il 17% (l’Ipca al 15%), il governo si ferma al 5,78. Qui sta la risposta al presidente che ha voluto precisare che l’atto di indirizzo del Ministro non impedisce di ricercare margini di condivisione su alcuni temi importanti”.
E’ il commento della Funzione Pubblica CGIL al termine del primo incontro per il rinnovo contrattuale del comparto Funzioni Centrali 2022/2024 che si è tenuto questa mattina all’Aran.
“Si è voluto utilizzare il comparto dello Stato come spot elettorale – prosegue la nota -, con la funzione dannosa di erogare in unica soluzione, unilateralmente e a ridosso delle tredicesime, l’intera rivalutazione dell’Ivc per il 2024, realizzando così oltre il danno la beffa. Ed oggi, per parte dei lavoratori si potrebbe determinare la condizione per la quale il rinnovo contrattuale non porti nemmeno un euro in più nelle loro tasche, se di quel 5,78 per cento la gran parte dovesse andare, come richiesto, in salario accessorio”.
Le risorse sono insufficienti
Per Fp Cgil, “le risorse sono assolutamente insufficienti. Poco più di 500 milioni che al netto degli oneri riflessi si traducono in circa 300 milioni. Significa che parliamo di circa 120 euro lordi medi per i 193mila addetti del comparto. Contrariamente agli annunci di questi mesi del Ministro, infatti, il calo dei dipendenti del comparto nel triennio è pesantissimo e continuerà anche più pesantemente nel prossimo triennio per effetto dei pensionamenti”.
“Il Ministro – conclude Fp Cgil – dovrebbe dare conto di questa contrazione di forze anziché continuare a sparare sempre le stesse 173mila assunzioni. Il governo dovrebbe dare risposte a una questione salariale che sta alla base del nuovo fenomeno delle rinunce da parte dei vincitori di concorso ad entrare nelle amministrazioni pubbliche. Se il contratto nazionale non garantisce la difesa delle retribuzioni di fronte all’inflazione, anche l’innovazione introdotta dall’ultimo contratto sarà vanificata e la responsabilità sarà solo del governo. Per questo abbiamo chiarito ad Aran che il governo deve mettere a disposizione del rinnovo contrattuale le risorse per adeguare gli stipendi almeno all’Ipca e per rifinanziare le progressioni in deroga nel passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Così come vanno trovate le risorse da destinare alla contrattazione decentrata per mantenere e migliorare quantità e qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale. In mancanza di risposte chiare la mobilitazione potrà solo intensificarsi da qui alla prossima legge di bilancio”.