Negli ultimi giorni si sentono grida di allarme, da parte dei gestori privati, sulla condizione economica del personale inserito nei servizi socio-sanitari in accreditamento regionale.

Allarme propedeutico all’avanzamento della richiesta dell’innalzamento delle tariffe a carico dei cittadini.

Siamo ben consapevoli delle problematiche riguardanti gli operatori del sistema, al punto che da anni chiediamo alle aziende e alle cooperative sociali un innalzamento della qualità contrattuale e lavorativa delle migliaia di lavoratrici e lavoratori inserite nei servizi alla persona.

Si agita anche il CCNL come lo spauracchio per la tenuta delle aziende. Vogliamo ricordare che i CCNL di settore sono scaduti nel 2019 e che, allo stato attuale, esistono anche degli stati di agitazione nazionali aperti per arrivare a rinnovarli.

Nel frattempo si sono inseriti nel sistema CCNL sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentative che hanno abbassato le tutele e i diritti per i lavoratori, inserendo norme sfavorevoli sulla malattia e sull’orario di lavoro.

I ritardi dei rinnovi contrattuali – o in diversi casi l’indisponibilità delle associazioni di rappresentanza a rinnovarli – insieme alla penetrazione di CCNL “pirata” hanno peggiorato la condizione economica e anche lavorativa delle persone.

“Non di solo pane vive l’uomo” dice il precetto evangelico, ma nella vita di tutti i giorni oss, infermieri, educatori e le varie figure professionali che lavorano nel sistema dei servizi socio-sanitari, si sono visti ridurre notevolmente il potere d’acquisto dei loro già magri salari.

La questione salariale in questo Settore è endemica, dovuta principalmente ai ritardi cronici con cui si chiudono i CCNL e all’indisponibilità delle aziende del Terzo Settore di attivare la contrattazione di 2° livello.

I rinnovi dei CCNL 2017-2019 videro il riconoscimento degli incrementi economici da parte della Regione Emilia Romagna ai gestori privati. Risorse pubbliche che hanno finanziato la tenuta del sistema in questi anni. Lo stesso è accaduto quando si è dovuto riconoscere ai gestori i presidi di sicurezza durante la Pandemia o gli incrementi dei costi energetici.

Nel frattempo abbiamo trovato l’indisponibilità della cooperazione sociale ad attivare i tavoli per la contrattazione integrativa di 2° livello anche a fronte delle piattaforme presentate da parte delle Organizzazioni sindacali.

Ma a volte è vero che non si vive di solo pane. La condizione delle lavoratrici e dei lavoratori nei servizi peggiora progressivamente. I carichi di lavoro aumentano con la crescita dei bisogni assistenziali. Non sempre ai lavoratori vengono rispettate le 11 ore di riposo tra un turno e l’altro. I precetti per la tutela della salute e sicurezza sono in certi casi disattesi. Dall’ultimo rinnovo del CCNL delle Cooperative Sociali quasi tutte le aziende non hanno ancora adeguato l’inquadramento corretto per gli educatori, precludendo agli educatori l’innalzamento delle loro retribuzioni mensili.

In sostanza ciò che si agita all’interno del sitema della gestione privata dei servizi accreditati è una vera e propria emergenza lavorativa, dovuta sia alla condizione salariale che alla condizione organizzativa del lavoro.

È indubbio che questa emergenza si può affrontare soltanto con la disponibilità delle aziende del Terzo Settore a contrattare. È arrivato il momento che le aziende facciano un salto culturale nelle relazioni con le rappresentanze sindacali. Lo devono alla comunità e alle tante lavoratrici e lavoratori che con la fiscalità e con le risorse pubbliche tengono in piedi il sistema dei servizi alla persona.

Fabio De Santis
Segreteria FP CGIL Emilia Romagna