A proposito di educatori che mancano: capiamo il perché per cambiare le cose
Una riflessione (amara) di Ruggero Maria Manzotti, segretario generale FP CGIL Parma
Ha ragione l’assessora Bonetti (al comune di Parma NDR). Mancano gli educatori. E ne mancheranno sempre di più.
E sarebbe anche ora di cominciare a chiedersi le vere motivazioni che stanno alla base di questa grave situazione, che nel tempo, nel breve tempo, metterà in seria crisi tutti quei fondamentali servizi alla persona, come i servizi per adolescenti, per disabili, per minori, e tutti gli altri servizi destinati alle più differenti fragilità, che oggi, solo grazie a questi lavoratori e lavoratrici, reggono un sistema sempre più impoverito e sempre più precario.
In parole povere: gli educatori servono solo quando mancano.
Questa è la considerazione generale che esce in questa situazione. Diverso è invece per le famiglie, quelle famiglie che senza queste professionalità avrebbero una vita ben peggiore e ben più dura di quella che hanno già. Per loro, per queste famiglie, le educatrici e gli educatori sono fondamentali.
Questo fenomeno ha tante possibili spiegazioni ma vi sono alcuni elementi di base che inevitabilmente portano questi professionisti a fare diverse scelte nel corso della loro vita lavorativa.
La figura educativa non è ancora nè culturalmente nè istituzionalmente riconosciuta, raramente le viene riconosciuto il ruolo che effettivamente ha nel contesto delle politiche sociali delle nostre società. Non viene ancora riconosciuta come professionalità che porta la sua competenza e i suoi studi oltre alla sua infinita passione.
I salari sono tendenzialmente bassi e poveri, anche tenendo conto che la privatizzazione dei sistemi sociali ha creato differenze significative di applicazioni contrattuali, e quindi un dumping contrattuale legalizzato e sotto gli occhi di tutti. E se nella gestione pubblica diretta (in calo un po’ ovunque) si può avere almeno una omogeneità contrattuale, il sistema della gestione in appalto è una vera e propria giungla di contratti diversi, di trattamenti orari differenti, di periodi di non lavoro, e in generale di situazioni lavorative che diventano precariato strutturato.
La situazione negli appalti
Terzo aspetto: il sistema degli appalti e la gestione da parte del terzo settore di questi servizi è sì fondamentale nel nostro sistema integrato regionale, che vede la componente pubblica e quella privata lavorare insieme per assicurare un alto standard di qualità dei servizi, ma questo sistema nel tempo è stato drogato, portando a situazioni tutt’altro che positive sia per i tanti lavoratori che vi lavorano sia per i servizi stessi. In questo il mondo cooperativo ha le sue responsabilità. Parliamo di un mondo che oggi si chiede dove siano gli educatori ma che fa ancora poco per fidelizzare, strutturare, programmare miglioramenti contrattuali e salariali e soprattutto organizzativi per queste tipologie di lavoratori.
E considerato che le condizioni lavorative, contrattuali e organizzative sono definite dentro gli appalti scritti dagli enti pubblici, sarebbe interessante e importante che l’ente pubblico in primis si chieda cosa fare per migliorare tale situazione partendo appunto da appalti che siano consoni e che delimitino e definiscano subito il perimetro di azione e di organizzazione degli enti gestori, questo per rendere più omogenee e stabili le condizioni di lavoro di queste persone.
Tutte queste motivazioni hanno portato e stanno portando ad una vera e proprio fuga da questi servizi, perché gli educatori non sono esseri metafisici che scendono dal cielo ma sono lavoratrici e lavoratori, con le loro famiglie con le loro difficoltà e con i loro problemi, che hanno necessità come ognuno di noi di vivere una vita degna e di avere un lavoro riconosciuto e pagato.
Serve una discussione seria
Crediamo sia giunto il momento di iniziare una discussione e un confronto su queste problematiche che interessi la politica, le istituzioni, gli enti gestori, il mondo cooperativo, perché non c’è tempo da perdere: presto potremmo dover constatare il crollo di alcuni servizi per questa mancanza di personale che sta diventando prolungata e cronica.
Manifestazione Nazionale del 19 Ottobre a Roma: Salario, Salute, Diritti e Occupazione
Il 19 ottobre 2024, a Roma in Piazza del Popolo, alle ore 10:00, organizzeremo una grande manifestazione nazionale intitolata “Salario, salute, diritti, occupazione”. Chiediamo il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro nel settore dei servizi pubblici, con un focus specifico sull’aumento delle risorse destinate ai contratti nazionali.
Abbiamo sottolineato l’importanza di maggiori fondi per la sanità pubblica, con l’obiettivo di garantire cure universali e gratuite. Gli attuali aumenti salariali, proposti intorno al 5%, sono insufficienti a fronte di un’inflazione del 17%. Per questo, i sindacati ritengono indispensabile l’intervento del governo.
Inoltre, vogliamo denunciare l’impatto negativo dell’autonomia differenziata, che rischia di aumentare le disuguaglianze tra i cittadini. I sindacati rilanciano anche la proposta di un grande Piano straordinario per l’occupazione, mirato a colmare la cronica carenza di personale che affligge il settore pubblico.
Il governo deve dare risposte concrete ai lavoratori delle funzioni centrali, locali e della sanità.
La crisi economica e l’assenza di soluzioni nelle trattative con il governo stanno mettendo a rischio i diritti costituzionali delle cittadine e dei cittadini, nonché la dignità di lavoratrici e lavoratori.
Grande partecipazione alla manifestazione contro le minacce ai dipendenti comunali di Alfonsine
Martedì 1 ottobre, la piazza Gramsci di Alfonsine ha visto una grande partecipazione di cittadini, sindacati e rappresentanti delle istituzioni in risposta alle minacce e intimidazioni subite dai dipendenti dell’ufficio tecnico comunale. L’iniziativa, promossa dall’amministrazione comunale e supportata da CGIL, CISL e UIL, ha raccolto un forte sostegno, con centinaia di persone presenti per esprimere solidarietà ai lavoratori vittime di gravi episodi minatori.
Le intimidazioni, avvenute tra il 26 e il 27 settembre, hanno incluso telefonate anonime e lettere minatorie rivolte sia agli impiegati che alle loro famiglie. La vicenda sembra essere collegata alla gestione di un appalto, ma non ha nulla a che vedere con le recenti alluvioni che hanno colpito il territorio, come ha chiarito il sindaco Riccardo Graziani.
Solidarietà unanime da sindacati e istituzioni
Alla manifestazione, CGIL, CISL e UIL hanno preso una posizione forte e decisa contro ogni forma di intimidazione. In una nota congiunta, i sindacati hanno definito queste minacce «gravissime e inaccettabili, lontane dai valori del nostro territorio». La partecipazione massiccia ha dimostrato quanto la comunità locale sia unita nel condannare questi atti e nel chiedere giustizia per i lavoratori colpiti.
Anche le istituzioni hanno espresso il loro sostegno ai dipendenti comunali. Il sindaco Graziani ha ribadito che le autorità stanno lavorando per identificare i responsabili e ha chiesto ai cittadini di continuare a collaborare. La grande affluenza alla manifestazione è stata una risposta chiara: Alfonsine non tollererà l’illegalità e farà fronte comune per difendere i diritti dei suoi lavoratori.
Un messaggio chiaro: illegalità e intimidazione non trovano spazio
La manifestazione del 1 ottobre ha rappresentato un momento cruciale per riaffermare l’importanza della legalità e del rispetto dei lavoratori. Il messaggio lanciato da CGIL, CISL e UIL è stato netto: atti intimidatori come quelli avvenuti ad Alfonsine non troveranno mai spazio in una comunità che valorizza il lavoro e i diritti.
Sciopero della sanità privata: presidio a Bologna davanti a Confindustria
La mattina del 23 settembre, circa 400 persone si sono radunate in via San Domenico a Bologna, di fronte alla sede di Confindustria, per partecipare al presidio organizzato in occasione della giornata di sciopero indetta da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl. Lo sciopero ha coinvolto numerose aziende sanitarie della regione, registrando un’elevata partecipazione, con tassi di adesione fino al 95% in alcune strutture, come Villa Bellombra, che ha dovuto chiudere i servizi di fisioterapia.
Alta adesione in tutta la regione
In diverse strutture sanitarie, le adesioni allo sciopero sono state particolarmente significative. Villa Erbosa e il Toniolo hanno registrato un’adesione complessiva dell’80%, con la chiusura degli ambulatori. Anche il Poliambulatorio Hesperia di Carpi è rimasto chiuso, mentre nella sede di Modena quattro sale operatorie su sei sono state inattive, e il reparto di radiologia ha interrotto le attività. I servizi essenziali sono stati comunque garantiti nei reparti residenziali, come alla Lega Filo d’Oro e nelle case di cura Fogliani e Villa Rosa.
Rabbia per il mancato incontro
Al presidio, i lavoratori hanno manifestato con determinazione contro il rifiuto, da parte dei rappresentanti delle associazioni datoriali, di incontrare una delegazione di lavoratori e sindacati. Marco Bonaccini, Sonia Uccellatori e Paolo Palmarini, segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, hanno dichiarato: “Non solo Aiop e Aris non intendono rinnovare il CCNL, ma ora rifuggono anche il confronto. Queste aziende operano per conto della pubblica amministrazione e ricevono ingenti risorse pubbliche, ma non riconoscono il giusto compenso ai lavoratori, nemmeno di fronte all’inflazione. È una vergogna!”
Sciopero e protesta continueranno
Il presidio si è concluso con il grido “Vergogna”, ma i sindacati hanno promesso di non fermarsi qui. “Faremo tutto il necessario per garantire a tutte e a tutti il rinnovo contrattuale che meritano”, hanno assicurato i tre sindacalisti.
L’incontro a margine del presidio
A margine del presidio di Roma, una delegazione sindacale è stata ricevuta dal Capo Segreteria del Ministro della Salute: “Abbiamo ricevuto rassicurazioni sul fatto che a breve verranno convocate tutte le parti per un tavolo tecnico di confronto tra Sindacati, Conferenza delle Regioni, le parti datoriali e il Ministero della Salute. Questo è un primo segnale di apertura, ma non basta”, sottolineano.
La mobilitazione, infatti, non si ferma: “Continueremo a lottare fino a quando non sarà riconosciuto il giusto trattamento contrattuale e salariale a tutti i professionisti che, come quelli del pubblico, garantiscono quotidianamente il diritto costituzionale alla salute. Il valore del lavoro deve tornare al centro della discussione. Non ci fermeremo fino a quando non vedremo riconosciuta la professionalità di chi lavora nelle strutture accreditate e convenzionate, garantendo pari diritti e retribuzioni”
Sciopero sanità privata del 23 settembre: “Serve rispetto per lavoratrici e lavoratori di un comparto strategico per il Paese”
“Gli impegni non sono stati mantenuti, infermieri, oss, tecnici sanitari e tutto il personale della sanità privata è stanco di aspettare. Sono oltre 200.000 le lavoratrici e i lavoratori che operano nelle strutture in cui si applicano i contratti Aiop e Aris sanità privata e Aiop e Aris rsa: lavoratori che svolgono un servizio pubblico garantendo quindi un diritto costituzionale, quello alla Salute. I professionisti e gli operatori che lavorano presso le strutture private, nella quasi totalità accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale e quindi beneficiarie di cospicue risorse pubbliche, chiedono il rispetto della dignità e dei diritti: per questo motivo il 23 settembre FP CGIL, CISL FP e UIL FPL hanno proclamato uno sciopero nazionale con l’astensione dal lavoro prevista per l’intera giornata e per ogni turno di lavoro”.
“In quest’ambito – osservano i sindacati – sono stati stipulati due accordi ponte (Aris rsa, Aiop rsa) necessari per unificare i tabellari e andare alla stipula di un nuovo contratto unico di settore per le rsa, dove le lavoratrici, i lavoratori e i professionisti hanno il contratto bloccato da oltre 12 anni.
Quanto al contratto Sanità privata Aris Aiop, è stato rinnovato nel 2020 dopo 14 anni di blocco della contrattazione, un rinnovo che però ha riguardato il triennio 2016-2018. Rispetto alla legittima aspettativa delle lavoratrici e dei lavoratori, FP CGIL, CISL FP e UIL FPL hanno chiesto l’apertura di due tavoli negoziali ma le associazioni datoriali – AIOP e ARIS – pretendono di subordinare le trattative per il rinnovo contrattuale a maggiori risorse economiche pubbliche da parte dello Stato e delle Regioni.
Una posizione, quella di AIOP e ARIS, che denota una indifferenza intollerabile ed inaccettabile nei confronti di professionisti ed operatori che contribuiscono a garantire bilanci positivi e dividendi che andrebbero in parte ridistribuiti a coloro che li hanno prodotti: infermieri, oss, tecnici sanitari, personale della riabilitazione e amministrativo attraverso un celere rinnovo del Contratto Nazionale.
In Emilia Romagna le lavoratrici e i lavoratori scenderanno in piazza a Bologna davanti alla sede di Confindustria, via S, Domenico LUNEDI’ 23 dalle ore 10 alle 12, per far sentire la loro voce, la voce di chi chiede il riconoscimento del proprio lavoro, della propria professionalità che esprime ogni giorno a favore dei cittadini, riconoscimento oggi negato da datori di lavoro che hanno, peraltro, un modestissimo rischio di impresa considerato che le prestazioni erogate vengono in larghissima parte finanziate dal sistema pubblico.
Sciopero nazionale della Sanità Privata il 23 settembre: oltre 200.000 lavoratori coinvolti
Il 23 settembre 2024 è stato indetto uno sciopero nazionale che coinvolge più di 200.000 lavoratori delle strutture sanitarie private e delle RSA, dove si applicano i contratti Aiop e Aris. Questi lavoratori svolgono un ruolo cruciale nel garantire un diritto costituzionale fondamentale: la salute. Tuttavia, come Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl denunciamo che gli impegni presi per la loro tutela non sono stati rispettati.
Le motivazioni dello sciopero
Nonostante siano stati firmati due accordi ponte per unificare i contratti nel settore RSA (Aiop e Aris), i professionisti del comparto non vedono un adeguato riconoscimento da oltre 12 anni. La situazione per i lavoratori della sanità privata è altrettanto complessa: dopo 14 anni di blocco, il contratto è stato rinnovato nel 2020, ma con un riferimento temporale fermo al triennio 2016-2018.
Come Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl abbiamo richiesto l’apertura di tavoli di trattativa per garantire nuove risorse e migliorare la condizione di questi lavoratori. Tuttavia, la risposta ricevuta è stata negativa, con l’imposizione di condizioni inaccettabili.
Un settore strategico per il Paese
Il comparto della sanità privata e delle RSA rappresenta un settore strategico per l’Italia, con lavoratori che garantiscono ogni giorno un servizio pubblico essenziale. Per questo motivo chiediamo rispetto e dignità per chi opera in queste strutture. Lo sciopero del 23 settembre è un segnale forte: difendere la professionalità e il futuro di questi lavoratori è fondamentale per il benessere del Paese.
CCNL del Pubblico Impiego: Mancano le risorse adeguate!
Sta accadendo una cosa “curiosa” negli ultimi giorni. Una parte della stampa nazionale – a cui in verità non è mai interessato granché dei dipendenti pubblici – ha pubblicato una serie di articoli tesi a sostenere la firma, a breve, dei vari contratti collettivi nazionali del pubblico impiego 2022/2024, lasciando intendere che l’aumento sarà attorno ai 150/160 €.
Ma le cose stanno veramente così?
La risposta, come si può immaginare, è negativa. Proviamo a capire perché.
Il Governo nella Legge di bilancio ha stanziato una cifra pari all’aumento del 5,78%.
Prima considerazione. Ovviamente si tratta di una media. Ci sono tanti contratti, tanti comparti e tante professionalità: dai magistrati agli infermieri, dalle educatrici agli impiegati, dai militari all’estero, ai medici, dai vigili del fuoco alla polizia penitenziaria…
Quindi i 150 € previsti sono la classica media del pollo.
Seconda considerazione. L’inflazione nel periodo considerato è stata molto più alta, ha viaggiato ben oltre le due cifre perciò, quel 5,78% non si avvicina nemmeno a coprire quanto perso, come potere d’acquisto, dalle retribuzioni.
Ma continuiamo con altre considerazioni.
In quella cifra sono comprese anche l’indennità di vacanza contrattuale (ivc, quella piccola cifra che troviamo in busta paga da aprile 2022), nonché l’anticipo contrattuale, deciso unilateralmente dal Governo, che qualche amministrazione ha erogato lo scorso dicembre (causando anche un danno dal punto di vista fiscale e contributivo) ed altre stanno invece erogando mese per mese nel 2024.
E’ quindi facile capire come le risorse a disposizione siano poche.
Con quel poco bisognerebbe almeno completare la riqualificazione del personale, avviata con gli ultimi CCNL, rafforzare il sistema delle indennità, valorizzare professioni e peculiarità lavorative.
Quanto è rimasto da erogare? Poco, forse nulla.
A questo punto diamo anche uno sguardo alla direttiva del Governo sui rinnovi contrattuali, il cosiddetto atto di indirizzo.
La volontà che emerge è quella di togliere materie dalla contrattazione e aumentare il peso della valutazione.
Perciò, maggiore discrezionalità, meno trasparenza, meno coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori nelle scelte, forte perdita del potere di acquisto.
Inoltre, rimane il tetto al fondo del salario accessorio (cioè alla loro produttività) quindi, le amministrazioni che vorrebbero investire risorse sui propri dipendenti, sul proprio capitale umano, non potranno farlo.
Per non parlare dell’assoluta assenza di un piano straordinario di assunzioni di cui la pubblica amministrazione ha assolutamente bisogno.
In sintesi? Oltre ad un rispetto maggiore di chi ancora crede nella pubblica amministrazione e vi lavora, servono ulteriori risorse.
Non ci sono? Beh, per una tassazione iniqua che favorisce alcune categorie ci sono. Per i condoni ci sono. Per la “rottamazione” delle cartelle fiscali ci sono. Per regalare concessioni balneari ci sono…
Noi i contratti li vogliamo firmare, sia chiaro! Ma contratti equi, dignitosi.
Non un’elemosina, né un ricatto.
In divisa ma senza contratto, Polizia Penitenziaria in piazza
Novecentoquarantadue sono i giorni da quando il loro contratto è scaduto. Quanto basta per spingere polizia e forze armate a scendere in piazza il 31 luglio davanti Montecitorio insieme a Maurizio Landini anche con una delegazione dall’Emilia-Romagna.
Anche nella nostra Regione presidi a Ferrara, Bologna e Modena.
Stipendi e contratti al palo
“La promessa era che avrebbero dato più soldi rispetto agli altri lavoratori, la realtà, invece è il 5,78% di incremento medio certificato dalla Ragioneria Generale per tutti i dipendenti pubblici, anche per quelli delle forze di politica”, ha raccontato il segretario nazionale della Fp Cgil in un’intervista a Collettiva. Gli fa eco Pietro Colapietro, segretario generale del Silp, che sottolinea come lo stipendio medio di un poliziotto si aggira sui 1600 lordi al mese: “Dopo tre anni di inflazione cumulata al +17% l’aumento che il governo si appresta a riconoscere al comparto si limita al +5,7%”
Le richieste
Non chiedono la luna. Innanzitutto “garanzie di risorse economiche per un contratto dignitoso” che permetta il recupero del potere d’acquisto per le donne e gli uomini in divisa. Poi serve “un piano straordinario di assunzioni” per aumentare gli organici del personale operante nei molteplici servizi di sicurezza svolti dalle forze di polizia e militari. Tema non meno importante è quello delle condizioni di lavoro e di vita “per contrastare il preoccupante fenomeno dei suicidi tra i lavoratori”. Infine il nodo pensioni: con l’attivazione della previdenza complementare per garantire un futuro sicuro ai lavoratori.
Governo non pervenuto
“Il governo, pur vantandosi di essere vicino alle forze dell’ordine e alle forze armate – scrivono le sigle sindacali – dimostra di essere sordo alle legittime richieste avanzate dai lavoratori: salario equo, diritti tutelati, previdenza protetta, tutela della salute e della sicurezza sul lavoro per la dignità di ogni operatore”.
Nasce l'osservatorio regionale di Coop. Soc. e Sindacati - Vigileremo su appalti e affidamenti
È stato costituito nei giorni scorsi dai rappresentanti regionali delle Centrali della cooperazione sociale (Agci-Imprese Sociali, Confcooperative Federsolidarietà, Legacoopsociali) e delle Organizzazioni sindacali (FP-Cgil, Cisl-FP, Fisascat Cisl, Uil-Fpl, Uiltucs-Uil) l’Osservatorio Paritetico Regionale su appalti e accreditamenti territoriali, previsto dal rinnovo del contratto delle cooperative sociali avvenuto a fine gennaio. Come coordinatore è stato nominato Emanuele Monaci (Agci – Imprese Sociali Emilia-Romagna), mentre in qualità di vice è stato indicato Fabio De Santis (FP – Cgil Emilia-Romagna).
Obiettivo dell’Osservatorio Paritetico Regionale, come previsto dall’art. 9 del rinnovo CCNL Coop Sociali, è quello di “strutturare adeguati monitoraggi per la corretta applicazione delle norme sugli appalti e degli affidamenti alla cooperazione sociale, nonché proporre soluzioni e correttivi”. In particolare, l’Osservatorio farà affidamento sulle tariffe del nuovo CCNL Coop Sociali che sono state pubblicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Quali saranno i compiti dell’osservatorio
“L’Osservatorio Paritetico Regionale è uno strumento per la valorizzazione del lavoro sociale in linea con quanto previsto dal rinnovo contrattuale – sottolineano il coordinatore Monaci e il vice De Santis – e avrà il compito di monitorare l’applicazione del nuovo contratto delle cooperative sociali, scongiurando appalti pubblici e accreditamenti basati sul criterio del massimo ribasso e sulla riduzione del costo del lavoro. Inoltre intende monitorare la piena ed integrale applicazione del Codice degli Appalti pubblici in ordine alle corrette applicazioni dei CCNL stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
“Con quest’organo – concludono – imprese cooperative e sindacati intendono contribuire alla massima trasparenza nei procedimenti di gara, raccogliendo segnalazioni di eventuali anomalie e promuovendo iniziative formative e informative che coinvolgano tutti i soggetti interessati a partire da Regione, Aziende sanitarie, Amministrazioni comunali e locali, in particolare attraverso l’Anci Emilia-Romagna. A tal fine è intenzione dell’Osservatorio chiedere un incontro all’Anci Emilia Romagna ed alla Regione Emilia Romagna già nei prossimi giorni.
Stato di Agitazione dei Vigili del Fuoco di Piacenza: Preavviso di Sciopero e Richiesta di Conciliazione
La FP CGIL Piacenza insieme alle organizzazioni sindacali dei Vigili del Fuoco di Piacenza hanno proclamato lo stato di agitazione provinciale e preannunciato l’intenzione di indire uno sciopero provinciale della categoria. Questa decisione è stata presa a seguito delle richieste espresse dai sindacati e della totale mancanza di risposte adeguate da parte delle autorità competenti.
Motivazioni dello Stato di Agitazione
Abbiamo constatato una mancanza totale di relazioni sindacali nonostante una risposta scritta, giudicata sterile e non esaustiva. Questa situazione ha portato alla decisione di proclamare lo stato di agitazione e a preannunciare uno sciopero provinciale, per far valere i diritti e le richieste dei Vigili del Fuoco di Piacenza.
Richiesta di Attivazione della Procedura di Conciliazione
In conformità con quanto previsto dalla legge 146/90 e successive modifiche, abbiamo richiesto la formale attivazione della procedura preventiva di conciliazione delle controversie, come previsto dall’accordo di settore. Questa procedura è essenziale per tentare di risolvere le controversie in atto e per evitare l’escalation della situazione.
Le Richieste dei Sindacati
Le note delle diverse organizzazioni sindacali (CGIL, CONAPO, CISL) hanno evidenziato una serie di problematiche che necessitano di una soluzione immediata:
- Miglioramento delle relazioni sindacali: Richiesta di dialogo costruttivo e risposte esaustive alle problematiche sollevate.
- Condizioni di lavoro: Miglioramento delle condizioni di lavoro per i Vigili del Fuoco di Piacenza.
- Risorse e personale: Adeguamento delle risorse e del personale per garantire un servizio efficiente e sicuro.
Conclusione
Ci attendiamo un pronto riscontro da parte delle autorità competenti e auspicano che la procedura di conciliazione possa portare a una risoluzione positiva delle controversie in atto. In caso contrario, lo sciopero provinciale sarà inevitabile.